Il
termine “Neorealismo” si diffonde originariamente in ambito
cinematografico, a partire dal film Ossessione di Visconti, uscito
nel 1942. Dopo il 1943 l’etichetta si estende anche all’ambito
letterario. Essa indica la necessità di un ritorno alla realtà,
dopo il soggettivismo e l’intimismo prevalenti negli anni Trenta,
ed esprime l’esigenza, che si diffonde in questo periodo in buona
parte della cultura europea, di “andare verso il popolo”. È
soprattutto la realtà della guerra, della Resistenza e del
dopoguerra, con la sua miseria e con le sue lotte politiche, a
ispirare la nuova cinematografia (Visconti, De Sica, Rossellini), la
nuova narrativa (Pratolini, per esempio), la nuova poesia
(Scotellaro). Il prefisso “neo” indica la novità del fenomeno
rispetto al realismo ottocentesco. Pur rifacendosi infatti a modelli
prevalentemente ottocenteschi (Verga soprattutto), la nuova narrativa
tende infatti a un nuovo impegno politico e ideologico,
esplicitamente di parte, che coincide con la prospettiva dei partiti
di sinistra. Notevole è anche l’influenza della narrativa
americana (di Hemingway, per esempio), d’altronde mediata dai due
maestri del Neorealismo, Pavese e Vittorini. La differenza fra il
Neorealismo e il generico “nuovo realismo” che si diffonde in
Italia negli anni Trenta è cospicua: il Neorealismo si rifà più
apertamente a modelli ottocenteschi e a un impegno esplicitamente
ideologico e politico, ispirato all’antifascismo, all’esigenza di
“andare incontro al popolo”, alla denuncia delle ingiustizie
sociali e, spesso, a una prospettiva di tipo socialista. L’aspetto
ideologico-politico era invece assente o comunque assai meno evidente
nel “nuovo realismo” e più in generale nella letteratura degli
anni Trenta. Il Neorealismo sarà spazzato via dallo sperimentalismo
promosso dalle nuove tendenze letterarie che si affermeranno nella
seconda metà degli anni Cinquanta e all’inizio degli anni
Sessanta, grazie all’azione di Pasolini da un lato e dei poeti
“novissimi” della Neoavanguardia dall’altro, e delle rispettive
riviste, «Officina» (1955-1959), e «Il Verri» (nata nel 1956).
In
poesia, la poetica del Neorealismo fu promossa soprattutto da riviste
come «La strada», diretta da Antonio Russi fra il 1946 e il 1948, e
«Momenti» (1948-54), che sostenevano la necessità di una poesia
impegnata anche in senso politico, volta a coltivare l’epica e la
cronaca piuttosto che la lirica, una poesia corale atta a
rappresentare situazioni collettive e stati d’animo popolari
piuttosto che la poesia soggettiva e individuale, la prosasticità al
posto della purezza e della rarefazione linguistica e stilistica.
L’obiettivo polemico era rappresentato, naturalmente,
dall’Ermetismo.
I
modelli furono soprattutto stranieri: Majakovskij, Brecht, García
Lorca, Neruda, Eluard, Aragon, Lee Masters con Spoon River Anthology.
Il Neorealismo dette i suoi risultati migliori nel cinema piuttosto
che nel romanzo o nella poesia, generi in cui prevalsero
un’impostazione eccessivamente ideologica e la retorica
populistica. I poeti più significativi comunque furono Velso Mucci e
soprattutto il lucano Rocco Scotellaro (1923-1953), il cui realismo
va cercato tuttavia, più che nella rappresentazione dei contadini
della sua terra (che nei suoi versi tende irresistibilmente a
diventare leggenda, mito, luogo di non-contraddizione), nella
descrizione angosciosa dell’ambiente cittadino. Bisogna ricordare
poi che poeti ermetici o vicini all’Ermetismo fiorentino come
Alfonso Gatto e, soprattutto, Salvatore Quasimodo si adeguarono alla
nuova poetica nella produzione successiva al 1945, abbandonando il
simbolismo per una poesia ispirata alla cronaca e impegnata in senso
sociale e politico. L’area cronologica del Neorealismo va dal 1943
al 1955 circa. Nonostante la scarsezza di validi risultati estetici,
la poetica neorealista favorì in poesia un abbassamento stilistico e
un rinnovamento linguistico che posero fine al chiuso petrarchismo
degli anni Trenta. Inoltre promosse uno sviluppo di forme poetiche —
per esempio, il poemetto narrativo — che saranno riprese dai poeti
di «Officina». Al di là dei suoi risultati, la poesia
neorealistica aprì dunque nuove interessanti direzioni di ricerca,
che saranno continuate, in modi nuovi, dai poeti sperimentali della
generazione successiva.
Il neorealismo coincide quindi con la letteratura
dell'antifascismo, della guerra, della Resistenza, della sorte
postbellica, in quanto revisione e riscatto dei valori morali e
civili che la politica fascista e la sua avventura internazionale
avevano adulterato.
Non pare quindi possibile limitare il neorealismo ad
una semplice questione di poetiche, in quanto esso ha elaborato un
diagramma di richieste che travalicano la frontiera strettamente
letteraria per investire la situazione dell'uomo e
dell'intellettuale, e insieme l'avvenire sociale e politico del
cittadino.
In questo senso il neorealismo nasceva da una
consapevolezza e una responsabilità che imponevano all'arte e in
generale alla cultura un impegno preciso, intendendo farle partecipi
di una radicale promozione etica dell'individuo e della comunità.
Si trattava di conseguire, attraverso la
rappresentazione di verità locali e dirette, una più attiva
cognizione della problematica extranazionale, per sentirsi vivere
nuovamente nel circuito della cultura europea e cosmopolita.
Il neorealismo comprende autori, opere e progetti che
non si lasciano accomunare in una sola direzione. La loro provenienza
e la loro formazione sono assai diverse e spesso appartengono a
culture ed esperienze antitetiche. Gli anni di fioritura del
neorealismo iniziano nel 1929/30, con la pubblicazione di "Gli
Indifferenti" di Alberto Moravia,”Fontamara” di Ignazio
Silone “Gente in Aspromonte” di Corrado Alvaro.
La distanza e il contrasto fra l'ottimistica Italia
ufficiale del dopoguerra e la realtà del Paese, sconvolto da
drammatici squilibri sociali, economici, culturali, inducevano sempre
più gli scrittori ad abbandonare le evasive esercitazioni di stile e
a ritrarre il mondo con la maggior dose possibile di verità.
Grandi autori quali Pavese, Fenoglio, Brancati,
Bernari, Calvino, Levi, Rigoni Stern, Vittorini, Berto, Cassola,
Bigiaretti, Bartolini, Viganò contribuirono con le loro opere a
diffondere l'influenza e l'importanza del neorealismo.
Verso la metà degli anni '50 si andarono però
evidenziando i limiti entro i quali si era mossa l'intera esperienza
neorealista e che riguardavano sia la scarsa coscienza stilistica,
sia la generica prospettiva ideologico-politica che non andò mai al
di là della vaga proposta di un radicale cambiamento sociale, privo
però di precisi connotati scientifici e storici.
L'esaurimento del Neorealismo si registrò già alla
metà degli anni'50.
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